Per mano
Una frase scritta veloce con il lapis, sulla pagina a quadretti, ricorda i compiti da svolgere per il giorno seguente. Il tempo di chiudere il diario e la campanella suona. Come fosse lo scoccare del "via" tutti, come veloci corridori scappano lontano, infastiditi da uno snervante ronzio. Un fastidioso animaletto, infatti, molto cattivo, sta svolazzando nell'aria e trasportato dal vento, attraverso il buco della serratura, entra nelle classi e fa starnutire tutti i bambini che trova a giocare insieme. Essendo brutto e deforme, come un vero scarabocchio, si sente solo, così è invidioso di tutti quelli che vivendo un'amicizia si prendono semplicemente per mano. Anche la maestra, allo scoccare dell'assordante tintinnio, si è allontanata sempre più da quella ormai, vuota e silenziosa stanza, unica vera partenza per l'istruzione di tutti loro bambini. Dove si trova? Basta cliccare su un tasto e come per magia eccola qua, dentro il piccolo schermo. Alle sue spalle non c'è più la nera lavagna! La lezione a distanza ha inizio. La classe è la cucina. Il banco è il tavolo da pranzo. La bidella è la mamma. Oggi, però, nessun compagno può suggerire! Improvvisamente, la pentola a pressione sui fornelli, inizia a fischiare. La bambina chiude gli occhi. Ode, ancora una volta, la campanella suonare.
Dal diario di Melissa.
Primavera 2020.
L'ovile
16/03/2020
E' sera. Con il mio babbo sono andata vicino casa, a salutare il vecchio ovile. Molti anni fa era la casa delle pecore e dei loro agnellini. Oggi, è quasi tutto franato. Che peccato! Ho chiuso gli occhi e ho sentito…Bee, bee!
L'ovile
16/03/2020
Sulla collina dove abito con la mia famiglia, la stradina serpeggia tra case abitate e disabitate, proprio come fa un serpente tra le pietre. La nostra abitazione si trova nel mezzo a due disabitate. Quella più vicina è di colore giallo. Come una grande pecora, senza pastore, pascola indisturbata sul verde prato, circondata dai suoi bianchi agnellini, raffigurati da una rimessa per gli attrezzi, un ricovero per cani da caccia e infine da un piccolo ovile. Questa sera chiedo alla mia figlia Mely se ha piacere di accompagnarmi, prima che facesse buio, ad augurare una buonanotte al vecchio ovile. La bambina, incuriosita, mi chiede chi fosse mai questo vecchio. Le rispondo subito che non è un uomo, ma se vuole scoprire la verità, deve seguirmi nella breve passeggiata. Usciamo da casa. Il sole sta per tramontare, ma l'aria mite, che anticipa la nuova primavera, ci rende la nostra scampagnata ancora più piacevole. Il sottile serpente d'asfalto sta strisciando in direzione casa nostra, proprio in questo preciso istante. Come il treno che rispetta la sua fermata alla stazione, si arresta davanti al giardino, per farci salire sulla sua schiena. Giusto il tempo di farci accomodare e il serpente ricomincia a strisciare in direzione sud-est. Giunti davanti alla casa gialla scendiamo. Per un attimo rimaniamo immobili sotto i grandi pini, che crescono all'entrata del grande cortile. Mely non vuole entrare. <Questa casa mi fa venire i brividi>! Esclama, afferrandomi per mano. Poi continuava, con il ripetere incessantemente: <è inquietante>! Non so se avesse mai capito che questa è una casa ormai disabitata da molto tempo. Saremmo passati da qua, credo, migliaia di volte, ma in nessuna occasione, la bambina si è avventurata all'interno di questa proprietà. Capisco bene, perché questa sera, mia figlia, rimane impietrita dalla paura, nel vedere porte e persiane di legno che cadono a pezzi. Porte di ferro, tutte pitturate di color ruggine, dalla prolungata solitudine. Oppure, muri che hanno perso il loro intonaco, lasciando intravedere i rossi mattoni, proprio come il corpo di un vecchio, la cui pelle ormai cadente, fa emergere vene viola e ossa spigolose. Per farle coraggio e convincerla a seguirmi, allora, la interrogo con una domanda. <Ricordi com'era mia nonna>? <Ossa in vista, pelle cadente e in bocca più nessun dente>. Questo risponde lei, ricordandosi la rima che insieme ripetevamo a nonna "Mima", quando questa, ancora era sempre tra noi. Poi continuo a domandarle. <Ti faceva paura>? <No>, risponde lei. <Ti voleva bene>? <Sì>, replica con la stessa sicurezza. <, allora, immaginati almeno per questa sera che la casa gialla sia nostra nonna, che non ci fa paura, ma che ci vuole bene e ci racconterà questa breve storia>. Rassicurata dalle mie parole, mia figlia inizia a tirarmi per il braccio, smaniosa di scoprire chi sia quel vecchio ovile.
Così, dopo aver costeggiato un piccolo vigneto, ci troviamo di fronte a quattro muri che ormai hanno da molto tempo perso il loro equilibrio. Come vecchi ubriachi stanno barcollando uno in qua e gli altri in là. Il tetto non esiste quasi più. In quel lontanissimo ieri, queste pareti, che si stanno pian piano sgretolando, formavano la casa delle pecore e dei loro agnellini. Oggi, purtroppo, è quasi tutto franato. <Che peccato>! Esclama mia figlia. <È proprio un vero peccato>. Rispondo dispiaciuto io. <Quando ero piccolo come te, trascorrevo gran parte delle mie giornate ad aiutare il contadino di questo posto, a occuparsi delle sue pecore. Di mattino presto c'era da compiere la mungitura, per estrarre il loro latte. Proseguivamo con il servirle la colazione, riempiendo la mangiatoia con tanto profumato fieno. Con l'inizio dell'estate, poi, mi divertivo come un matto a cercar di toglierle di dosso quel pesantissimo maglione di lana…Che fatica che facevo per tenerle ferme>! Divertita da questo racconto, Mely, allora, mi chiede di prenderla in braccio. Vicino a quei vecchi muri l'orzo selvatico è troppo alto per lei, che quasi le oltrepassa la testa. Insieme con me si vuole avvicinare a uno di quei tre vuoti quadrati, che in quel tempo lontano erano le finestre dalle quali si affacciavano le residenti di questa casa e di restare in silenzio per un attimo. Chiudiamo gli occhi. Udiamo…Bee, bee!
Il rimorchio rosso e blù
19/03/2020
Vicino casa mia, sotto ad una baracca, c'è un rimorchio rosso e blù. E' sempre solo. Oggi, con mamma e babbo sono andata a trovarlo. Poverino! Ora ho capito perché è sempre lì fermo!
Come me deve stare a casa.
Anzi…No.Ha le ruote tutte sgonfie!
Il rimorchio rosso e blu
19/03/2020
E' primavera. Il sole sta pian piano risvegliandosi dal suo invernale letargo. Così, decido di andare a offrire un poco della mia compagnia, insieme a mia figlia Mely e alla sua mamma, al rimorchio rosso e blu. Poverino! E' sempre solo! Il vecchio carro trova riparo, ormai da molti anni, sotto un capanno di legno marcio e lamiere arrugginite, quasi tutte accartocciate dal forte vento. Giunti davanti alla catapecchia racconto a Mely la storia del rimorchio rosso e blu. <Molte primavere prima che tu nascessi, questo, dal primo canto del gallo, faceva il suo ingresso nella campagna, trainato dall'arancione trattore. Su e giù si spostava per il campo, fermandosi solamente di fianco ai monticelli gialli. Passato un poco di tempo ripartiva. Sulle spalle era stato caricato a più non posso con il profumato fieno, da portare alla stalla. Sgobbava fino al tramonto, quando stanco, sbadigliava e aprendo la bocca, il fieno dalle spalle si scrollava>. <Oggi è primavera>. Afferma mia figlia rompendo il suo silenzio. Poi mi pone una domanda. <Perché il trattore non gli viene più incontro, offrendogli la sua mano>? La vedo, poi, allungare il suo braccio, ma con sua grande delusione il rimorchio non le contraccambia l'aggancio. All'improvviso esclama. <Ho capito perché è, sempre qui fermo>! <Come me è costretto a stare in casa>! Continua, poi, a parlare. <Io non posso sedermi al mio banco di scuola e lui non può passeggiare su e giù per la campagna>. <Anzi…No>. Afferma sicura di se stessa, che poi continua con un'esclamazione. <Non si può muovere perché ha tutte le ruote sgonfie>! A questo punto mi sento in dovere di spiegarle la verità.
<Oggi è primavera, ma dalla stalla non provengono più i muggiti dei buoi che lo chiamano. È per questo motivo che l'arancione trattore non gli viene più incontro, offrendogli la sua mano. In tale modo il rimorchio non deve più sgobbare tutto il giorno, per portare quel pesante carico sulle sue spalle. Anche se sono giorni di tanto sole, purtroppo, te, non lo vedrai mai fare la sua trionfale entrata nella profumata campagna e recitare quella faticosa scena, proprio come se fosse sul palco di un teatro, intitolata: "Il raccolto del fieno". Di questo, tu, ne devi essere consapevole. Comunque, non essere triste! Anche se il contadino in cielo è volato, grazie alla nostra compagnia, questo carro, non si sentirà mai abbandonato>. Rallegrata da tali parole, Mely, afferrandomi per mano inizia a tirarmi, proprio come faceva un tempo il trattore con il rimorchio, per fare ritorno a casa. Durante il cammino, voltandosi indietro gridando esclama:< se nella stalla non ci sono più i buoi, non preoccuparti, qualcuno ti verrà a prendere, prima o poi>! Vi ho raccontato la nostra avventura con il rimorchio rosso e blu, anche se, per le molte primavere trascorse, questi colori, sulla sua pelle non ci sono quasi più.
Il saluto di Marley
25/03/2020
Questa mattina insieme a mia sorella sono andata a salutare il mio cagnolino. Appena mi sono avvicinata lui si è messo seduto. Poi ha sollevato la zampetta. Forse mi voleva dare la sua manina.
E' un cagnolino educato!
Il saluto di Marley
25/03/2020
Prima di inoltrarci nella lettura di questo racconto mi è doveroso spiegarvi chi è Marley. Quel giorno di metà dicembre, di alcuni anni fa, mi ero ritrovato a passare, per motivi lavorativi, da un costruttore edile, mia vecchia conoscenza. La sua casa si trovava lungo la strada, che tutt'oggi porta al mare. Mentre parlavamo di questioni di lavoro, eravamo, continuamente, interrotti da un incessante abbaio assordante. Ci invadeva, infatti, come le onde di un fiume in piena, un numero imprecisato di cagnolini, che saltavano qua e là per tutto il cortile. Non so quanti potessero essere, ma ricordo bene che non potevo fare un passo senza che inevitabilmente e involontariamente ne calpestassi uno. Perché quell'uomo possedeva un gran numero imprecisato di assordanti cagnolini? Forse perché il loro gran baccano suonava come un allarme, utile a proteggere la proprietà dall'intrusione di eventuali malintenzionati? Vi sembrerà strano ma la risposta giusta non è questa. La verità è che la moglie di quell'uomo, come piacere personale, allevava e poi regalava, ai bambini che si trovavano a passare con i loro genitori, da quella strada, per raggiungere il mare, uno di quei cagnolini così piccoli e morbidi da sembrare dei veri peluche da camera. All'ingresso della proprietà, infatti, si trovava esposto un enorme cartello che riportava la scritta: "regalasi morbidi amici", con tanto di foto di alcuni di questi. Così, per tutte le famiglie, che avevano un bambino, era divenuto inevitabile passare davanti a quella casa, leggere quell'attraente insegna e di conseguenza fermarsi. Quel giorno io ero semplicemente lì per motivi legati al mio lavoro ma quell'uomo dall'animo tanto buono, sapendo che avevo una figlia piccola, mi disse che potevo sceglierne uno e portarlo a casa. Nel ringraziarlo, per la sua gentilezza, gli risposi che già avevo un cagnolino e che questo mi bastava. L'uomo, però, sorridendo e con atteggiamento sicuro di se mi disse: <abiti in campagna, hai tutto lo spazio necessario per tenere gli animali che vuoi>. Con tali semplici parole mi convinse. Dopo tanto guardarmi intorno, ne scelsi uno. Era nato da pochi mesi ed era una palla di pelo bianco. Lungo la strada di ritorno a casa cercavo di battezzarlo con un nome, così, tanto per presentarlo a mia figlia. Non mi veniva in mente nulla. Osservandolo bene, però, con tutto quel pelo lungo e increspato, mi fece ricordare un famoso cantante da me molto apprezzato. Così decisi di chiamarlo Marley. Ecco, ora che avete capito chi è Marley, leggeremo insieme questo capitolo, a lui dedicato.
È primavera. Purtroppo, per tutto questo mese di marzo, mia figlia Mely non è potuta andare a scuola. Così, come accade ogni giorno, anche in questo colorato mattino, non agguanta per la cinghia il suo zaino pieno di libri. Afferra per mano, però, sua sorella Ana e insieme si recano al recinto, dove vive il suo cagnolino preferito, al fine di offrirgli il suo buongiorno. Un breve percorso, attraversando ulivi e lecci. Appena oltrepassata, poi, la legnaia, giungono davanti alla verde recinzione. Come le vede avvicinarsi, Marley si è messo seduto davanti alla sua piccola cuccia. Una vera casa completa di tetto, porta d'ingresso e finestra sul retro. Affacciandosi osserva e sorveglia, come un vero guardiano, tutta la campagna circostante e dalla quale lancia i suoi terrificanti abbai, contro gli animali selvatici che dalla macchia si avvicinano minacciosi. Sbadigliando, poi, ha sollevato una zampetta, appoggiandola sulla maglia della rete. Essendo anche per lui l'ora della colazione, Mely crede che Marley voglia la sua buona merendina riempita di appetitose crocchette. Sua sorella Ana, però, le fa notare che la scodella è già stata riempita di buon cibo, dal loro nonno. Perché, allora, il cagnolino allunga la zampetta verso la sua padroncina, con l'intento di toccarla? Semplicemente perché è sua intenzione afferrarla per mano, invitandola a farlo uscire per andare a passeggiare insieme, nell'agreste verde della speranza. Proprio come fanno due piccoli amici, che all'entrata di scuola si afferrano per mano. <A differenza del tuo Birillo che invece ha bisogno del guinzaglio, il mio Marley è un cagnolino ben educato>. Questo ripete più volte Mely, con aria da maestrina, a sua sorella Ana.
Biancanera e i 5 miao
11/05/2020
Sono dietro casa con babbo e mia sorella. Nel verde grano c'è una macchia nera. Era la gatta che stava partorendo. Ho preso i miei 5 miao e li ho messi in una gabbia di legno. Così la volpe non li mangerà. Li ho battezzati due: Pannolino West e Vitamina Jeans. Cosa ne pensate?
Biancanera e i 5 miao
11/05/2020
È pomeriggio. Abbiamo da poco finito di pranzare. Insieme alla piccola Mely e sua sorella Nana, per mandare giù il cibo, decido di fare una passeggiata dietro casa, tra gli ulivi. Calpestiamo avanti e indietro innumerevoli volte, come fosse uno zerbino, il giardino, che si cresce tra la legnaia e lo stenditoio dei panni. A ogni giro, poi, ci soffermiamo a riposarci un po', all'ombra del grande pero. L'imponente creatura, con le sue braccia nascoste dalle molte foglie e ogni giorno piegati sempre più verso terra, vinti dal peso delle pere, gioca con noi a fare il dispettoso, nascondendoci i vicini villaggi. Pian piano, che ci avviciniamo al suo tronco, cala il buio. La campagna sembra quasi scomparire tutt'intorno a noi. Non riusciamo più a vedere quasi nulla. Decidiamo, così, di chiudere gli occhi e aprire il cuore. Tanti cori si espandono nell'ambiente, dal cinguettio degli uccellini, ai canti dei fagiani. Improvvisamente un sofferente miagolio interrompe il piacevole concerto. Riaprendo gli occhi, noto una macchia nera nel verde grano. La prima immagine che mi passa per la mente è di un quadro ritraente un paesaggio collinare, dove al centro, per sbaglio, è caduta al pittore una goccia del suo colore nero. Desideroso di conoscere la verità mi avvicino e non credendo a ciò che vedo, mi soffermo a fissare, per alcuni secondi, quella rara stranezza. Svelato finalmente il mistero chiamo accanto a me le mie figlie, perché, anche loro, fossero spettatori di quell'insolita scena. <Affrettatevi>. <Venite un po' a vedere>! Mely e Nana corrono verso il campo. Il grano, però, in questo mese è già molto alto, tanto che Mely non riesce a scorgere nulla. Solamente un' infinita distesa di fili giallastri, alti più o meno quanto lei, si presenta davanti ai suoi occhi. Prova, allora, ad allungare il collo, mentre con le mani cerca di nuotare in quel profumato mare. Pian piano riesce ad aprirsi un varco davanti a se, ma improvvisamente si fa prendere da un profondo stato di agitazione, come se stesse sbracciando per paura di annegare. Così, sua sorella, per timore che travolgesse la dolce sorpresa la prende in braccio. Subito vede quattro palline nere, che ad occhi chiusi, fanno le capriole intorno alla gatta Biancanera. Fortunatamente, è riuscita a seguire anche l'intera impresa dell'ultimo micio a venire fuori dalla pancia della sua mamma. Prima il sedere, poi le minuscole zampette e infine la testolina. Come impazzita, per ciò che sta assistendo, ci fa tutti divertire con una sua battuta da bambina della sua età. <Mentre il suo bambino nasceva, sembrava che la gatta stesse gonfiando un palloncino>! Accorsa proprio in questo istante, la sua mamma, afferrandola per mano le spiega che anche lei è nata in questa precisa maniera e che il parto non è stato così piacevole, proprio come gonfiare un palloncino. Intanto, mentre tutti loro accudiscono Biancanera, ormai stremata dalla grande fatica, io mi appresto a costruire una scatola, con tavole di legno, recuperate qua e la nella legnaia. Ad opera compiuta mi sento soddisfatto per il risultato ottenuto. Una casina sicura e confortevole con tanto di sportello apribile. Credo proprio che la nuova famigliola sarà felice di trascorrere un po' di tempo all'interno di quest'ambiente, sentendosi al riparo dalla pioggia e al sicuro, dagli attacchi notturni dell'affamata volpe. Pertanto, molto delicatamente, prendo in braccio mamma gatta e la sistemo, con cura all'interno della scatola. Questa, stanca e indebolita, si sdraia, non riuscendo, neppure minimamente, ad alzare la testa, per vedere dove fossero finiti i suoi piccoli mici. Mely e sua sorella Nana, tuttavia, non tardano un attimo a prendere in mano quelle piccole palline pelose, ancora calde e riunirle alla loro mamma. Sembrano proprio dei cornetti appena sfornati! Nel luogo del parto rimane così un nido vuoto, fatto solamente di grano giallastro ben pestato a terra e delle chiazze rosse sparse qua e là. <Ora fate silenzio>. In questo momento sono già tutti incollati ai seni di mamma gatta. Ogni seno un micio. Ogni micio un seno. Sono i cinque miao della piccola Mely. Venendomi in mente alcuni nomi simpatici, io li battezzo due. Uno grigio si chiama Pannolino West. Quello bianco e nero Vitamina Jeans. Mely storce subito la bocca, in segno di disapprovazione. Anche Nana non è d'accordo. Per loro sembrano solamente nomi ridicoli. A questo punto del racconto non mi rimane che chiedere a te che stai leggendo. <Cosa ne pensi>? Ho appena descritto la storia di Biancanera e i 5 miao, che però non è una favola, ma un'avventura vera, vissuta in un caldo pomeriggio di quasi metà maggio.
Bau bau dice il cagnolino.
Miao miao risponde il gattino.
Ma il virus? Qual è la sua voce? Il suo silenzio è atroce. Lui non ha la parola.
Però voglio gridargli una cosa sola…Io voglio tornare a scuola!
"A volte, basta poco per far battere forte un cuore.
Una padella e un bicchiere possono disegnare forme tondeggiati.
Due bambine s'incontrano sul verde prato e appoggiando le teste, si afferrano finalmente per mano"
Per mano (Dal diario di Melissa. Primavera 2020) è il il diario pieno di candore e fantasia, di una bambina che vive l'esperienza del lockdown durante la primavera 2020, dovuto alla pandemia.
Una frase scritta veloce con il lapis, sulla pagina a quadretti, ricorda i compiti da svolgere per il giorno seguente. Il tempo di chiudere il diario e la campanella suona. Come fosse lo scoccare del "via" tutti, come veloci corridori scappano lontano, infastiditi da uno snervante ronzio. Un fastidioso animaletto, infatti, molto cattivo, sta svolazzando nell'aria e trasportato dal vento, attraverso il buco della serratura, entra nelle classi e fa starnutire tutti i bambini che trova a giocare insieme. Essendo brutto e deforme, come un vero scarabocchio, si sente solo, così è invidioso di tutti quelli che vivendo un'amicizia si prendono semplicemente per mano. Anche la maestra, allo scoccare dell'assordante tintinnio, si è allontanata sempre più da quella ormai, vuota e silenziosa stanza, unica vera partenza per l'istruzione di tutti loro bambini. Dove si trova? Basta cliccare su un tasto e come per magia eccola qua, dentro il piccolo schermo. Alle sue spalle non c'è più la nera lavagna! La lezione a distanza ha inizio. La classe è la cucina. Il banco è il tavolo da pranzo. La bidella è la mamma. Oggi, però, nessun compagno può suggerire! Improvvisamente, la pentola a pressione sui fornelli, inizia a fischiare. La bambina chiude gli occhi. Ode, ancora una volta, la campanella suonare.