Il corpo dorme... La mente lascia le orme
Con un calcio Crin allontanò il sasso che teneva socchiusa la porticina di ferro e allungò la gamba destra per fare il suo ingresso in quella fresca cantina interrata, utilizzata da sua nonna per le scorte alimentari. Oltre la porticina però non c'era nessun pianerottolo a sorreggergli il piede, ma dalla semioscurità si fecero intravedere quattro gradini, tutti malconci e stonacati, che lasciavano scorgere la sottostante ossatura di mattoni rossi. Detti scalini, con una disagevole alzata accompagnavano verso il fondale di quel casotto, che a Crin parve un abisso profondo, dove il buio sembrò addirittura più nero del carbone. Ecco l'ultimo scalino ma Crin scivolò su un mucchio di pezzi di laterizio, che con il passare degli anni si erano staccati dal soffitto, ritrovandosi sdraiato sull'umido pavimento. Il tempo di rialzarsi e intravide immediatamente sua nonna. L'aveva scoperta per caso, seguendo un lamentoso piagnucolio, che inizialmente gli sembrò uno gnaulio di un gatto in amore. Era nascosta, per metà corpo, dietro un grande sacco di iuta, pieno, per il momento, di non si sa cosa. La luce entrava dalla piccola apertura posta in alto. La vecchietta si mostrò al nipote come se dormisse. Improvvisamente una lacrima scivolò dentro uno di quei profondi solchi del suo viso, disegnando lo stesso percorso di una stella cadente. Il nipote, rivolgendo lo sguardo al cupo soffitto, comunicò, in silenzio, il suo desiderio. Purtroppo gli occhi di sua nonna non si sbottonarono più. Crin prese in braccio sua nonna per portarla in casa e farla riposare, per l'ultima volta, sul suo letto. Usciti dall'interrata cantina, un brusco colpo di vento fece cadere a terra, i tanti bianchi petali del gigante mandorlo, come se fossero una pioggia di coriandoli. Era da pochi giorni iniziato il mese di marzo, ma sfortunatamente, Crin e sua nonna non stavano vivendo una festa in maschera. Durante il percorso, dalle tasche del nero grembiule della nonna, ogni tanto fuoriusciva una caramella rossa che cadeva lungo lo sterrato sentiero. Il giorno si fece sera. La sera si fece notte. Una notte lugubre, cupa come il volto della nonna, quando la tavola di legno, tutta intarsiata di croci, tramontò, fino a coprire i suoi scarniti piedi.
Da quel tetro sbatter di tavole, poco tempo passò, quando Crin nel rivedere l'immagine della vecchietta, dall'immancabile fazzoletto nero in testa, sopra il mobile del soggiorno, rivisse quella storia angosciosa, che gli sprigionò un grande malessere interiore. Le urla dolorose e drammatiche del ritrovamento di sua nonna, sdraiata sul pavimento della cantina, intenta a farsi un eterno pisolino, riecheggiarono su per la collina, diffondendo ansia e tormento. Crin credeva di aver sepolto l'amaro tempo passato e invece questo era ancora presente nella sua vita, pronto ad accompagnarlo in una profonda fragilità interiore. Nel frattempo i mesi primaverili, in fila uno dietro l'altro, continuarono, senza stancarsi il loro cammino verso quel luogo caldo chiamato estate e i bianchi coriandoli smisero di cadere dai mandorli. Marzo si stava spogliando del suo colorato costume per andare a dormire, ma nelle notturne visioni burrascose di Crin, questo altro non era, che il nero grembiule che quotidianamente indossava al mattino e si toglieva alla sera sua nonna. Proprio così. "Mentre il corpo dorme…La mente lascia le orme". Eccovi, allora, in prima visione assoluta, alcuni estivi film in bianco e nero, dai titoli inquietanti. Protagonista è il pensiero del nostro attore protagonista, che solitario, nel buio, interpreta scene confuse e indefinite di persecuzione per opera di spiriti maligni, decisi a non lasciarlo più in pace neppure durante la notte, quando provava a riposare un poco. Siamo giunti così alle pagine di questo drammatico racconto dedicato alle passeggiate della mente di Crin, in quelle notti estive, durante le quali, il nostro protagonista è condannato a ricordare, come giusta punizione, per il commesso peccato dell'abbandono di sua nonna.
"Come gli animali lasciano impresse, al loro passaggio, le loro orme sul terreno fangoso, gli accadimenti, hanno lasciato le loro impronte nella mia mente. Mentre le prime, con il vento, con la pioggia scompaiono, le seconde non si cancellano, perché nel mio cervello, come sulla Luna, né tira vento, né piove, allora rimangono lì, impresse, sulla grigia coltre, per l'eterno.
Vivo tali sensazioni in silenzio, con indifferenza…E' solo il volo della mia intelligenza"!
La casa storta
Dentro Crin è ancora vivo il ricordo di quando, da bambino, durante l'ultimo mese estivo, trascorreva, con i suoi genitori, un paio di settimane nel paese natale di suo padre, ospitati dai nonni paterni nella loro casa, oggi di altra proprietà. La casa si trova tutt'oggi ai piedi di un'imponente roccia, portante sulle proprie spalle la medievale torre dell'orologio. Questa, dal suo punto più elevato, con il ripetuto girare delle sue lunghe lance, ricorda, a tutto il paese, quanto tempo ancora rimane al sudato sole per fare il bagno in mare e rinfrescarsi tutta la notte. Dalla cima del poggio dove abita, Crin, tutte le sere, rivolge lo sguardo a nord. Eccolo lassù. Per il disegno del crinale e per l'architettura del paese, sdraiato sulla collina tutta di roccia, questo gli sembra una grande nave incagliata sullo scoglio, sballottata da un mare di fronde di ulivi in tempesta e l'alta torre, la rispettiva ciminiera, che nel buio, di un arancione fuoco s'illumina. Crin riesce a racchiuderla tutta in una mano e mettersela in tasca, per poi giocarci sul guanciale prima di dormire. A operazione di salvataggio compiuta, affidandosi alla sua sconfinata immaginazione e senso di orientamento, puntando lo sguardo un po' più in basso, è capace perfino di scorgere l'abitazione dei nonni. Chiude gli occhi. Ancora una volta riesce a vederli in piedi sul terrazzino della cucina, che tenendosi per mano lo salutano. Stessa immagine di quando, finito il soggiorno settembrino, in quella triste giornata, Crin li salutava dal finestrino dell'auto, che pian piano si allontanava su per la lunga salita, che accompagnava all'uscita del paese. Purtroppo a breve sarebbe iniziato un nuovo anno scolastico! Nel paese, il cui nome ricorda una strada serpeggiante tra la grande roccia, Crin aveva le sue amicizie che in quel periodo dell'anno ritrovava per giocare, fare escursioni e semplicemente stare insieme. Scorrazzavano tra le contrade del paese, in quei giorni abbellite dalle tipiche bandiere colorate, fissate ai davanzali delle finestre, testimoni di sfide in varie gare umoristiche, onorando la tradizione popolare.
In conseguenza di questo vivo ricordo durante la notte…
…Crin, insieme a sua moglie e alle due figlie si ritrova in piedi di fronte all'ingresso di quella villetta bifamiliare. Sono sul sopraelevato passaggio rettangolare, pavimentato con piccole mattonelle rosse, che collega la strada paesana al maestoso portone d'entrata all'androne comune dei due appartamenti. Per la sua fattezza a Crin detto corridoio, gli ha sempre ricordato un vero ponte levatoio come quello dei medievali castelli. Ai lati lunghi sono ancorate le sverniciate ringhiere di protezione e sotto il profondo fossato. Nella realtà questo era uno stretto passaggio seminterrato che portava alla piccola e buia legnaia dei suoi nonni. L'angusto varco era confinato a sinistra dal fabbricato e a destra da un muro in pietre, sorreggente un terrapieno, dove sopra cresceva un altissimo abete. Crin osserva sconcertato le finestre del loro piano primo. Queste pendono tutte, verso sinistra. Sembrano proprio dei quadri appesi storti alle pareti. Le scalcinate cornici non custodiscono, purtroppo, verdi paesaggi ma persiane di legno, prive del loro originario colore, ormai cancellato dal tempo, serrate e tutte le stecche scassate, come se si fosse abbattuta su loro una violenta grandinata di pietre. Se questo non bastasse a scompigliare il cuore di Crin, un'altra visione lo rattrista. Ai davanzali delle finestre non ci sono fissate le tipiche bandiere bianche e blu della contrada ma nidi di paglia e legni costruiti dai piccioni che hanno fatto suo lo stretto anfratto per potersi riparare dalla pioggia e dal vento di tramontana. Uno scatto di fotografia in bianco e nero di quello che nelle lontane estati era un fabbricato pitturato di un verde acceso ma che in questo giorno si mostra agli occhi di tutta la famiglia, con gli intonaci neri, scrostati come se fossero mangiucchiati qua e là dalla crudele e vorace muffa. Una pelle cadente che lascia in primo piano un'ossatura sempre più sporgente. Insomma, una pelle ormai raggrinzita da innumerevoli solchi, segni di vecchiaia di una casa con una schiena sempre più ricurva su se stessa, che quasi tocca terra con la testa. Una botta coraggiosa al maestoso portone di legno e tutti i membri della famiglia si ritrovano dentro quell'enorme scatola nera. Davanti a loro li sta aspettando la scalinata per accompagnarli al piano superiore. È tutta in pietra di graniglia con i lati frontali dei gradini tutti arrotondati. Per un attimo Crin si ricorda molto bene di come su questa scalinata ci trascorreva parte di quelle lontane giornate estive. Il fresco della pietra lo refrigerava dal caldo esterno e i gradini essendo molto levigati, lo invitavano a giocarci a scivolo. Alzata dopo alzata, la famiglia, sta salendo verso la porta d'ingresso del loro appartamento. Il loro salire però non è regolare. Crin si accorge che il ripido percorso pende verso il lato del muro, tanto da non riuscire ad evitare di strusciarci il braccio sinistro. Com'è possibile? Eppure Crin, interrogandosi dentro di se, si risponde che al suo svegliarsi ha fatto colazione con il latte e non con il vino! Giunti sul pianerottolo d'ingresso, Crin scopre con meraviglia di avere tutta la manica della camicia, dalla spalla al polso, stracciata. Non è una sua immaginazione, la casa pendeva veramente! Con incredulità, scopre che la porta di accesso non è chiusa a chiave. Forse qualcuno li sta aspettando? Soprattutto chi? I nonni no. Sfortunatamente avevano deciso di andare a vivere sulle nuvole già da molto tempo. Combattuto tra eroismo e paura Crin decide di afferrare la maniglia e spingerla verso l'interno. Il forte odore di aria marcita lo fa ritornare un passo indietro, ma tutta la famiglia, decisa ormai a passare la notte dentro quelle abbandonate stanze, si spinge ugualmente dentro. Sul pavimento del salotto c'è un topo mummificato. Subito, come se una forza invisibile li avesse spinti alle spalle, i quattro si ritrovano in un attimo all'angolo opposto del soggiorno. Non c'è nessuna forza invisibile! Il pavimento pende a vista d'occhio in avanti e nel camminare è inevitabile tendere a raggiungere il punto più basso delle stanze, vinti dalla forza di gravità, proprio come avrebbe fatto una pallina lasciata cadere sulla pavimentazione. Tutto è storto in questa casa. Persino la minestra nel piatto preparata per la cena, ha l'aspetto di un laghetto in tempesta! Per non parlare di quando Crin si reca in bagno per fare pipì. Un'inevitabile calda annaffiata alla gamba. Non c'è però niente di comico in quel rigo, che invece di centrare il water… . Il silenzio della notte è interrotto da rumori continui. Tanti sono i pesanti passi che rimbombavano su e giù per il lungo corridoio. Improvvisamente Crin si sveglia e mettendosi a sedere sul letto urla: maiali, maiali! Ci sono i maiali! Sua moglie intontita dal sonno e da quel pazzoide comportamento di suo marito, come se questo fosse posseduto da qualche demone, cerca di calmarlo rassicurandolo che aveva fatto solo un brutto sogno. Crin è seriamente convinto che la casa sia piena di maiali riferendo alla moglie che nel suo cervello risuona ancora l'inconfondibile verso: "oink oink", "oink oink". La moglie per convincerlo del contrario porta il marito fuori dalla camera. Accende la luce. Il corridoio è vuoto. Le uniche gambe che riescono a vedere solo quelle di una piccola cristalliera posta a metà di quello stretto e lungo passaggio. I due tornano a letto. Il mattino seguente al loro risveglio, marito e moglie, vedono che il lampadario è sopra di loro. La lumiera non dovrebbe stare al centro della stanza? Si domanda Crin. Continua a domandarsi. Perché si è spostato sopra il letto? In realtà non era il lampadario a essersi spostato sopra il letto, ma questo, sempre in conseguenza del pavimento pendente, durante la notte era andato a rifinire al centro della camera. Se questa scena non basta a traumatizzare i due, al capezzale di legno scoprono che è rimasto appeso un piccolo scorpione nero, essiccato ormai da molto tempo. La zona rocciosa, infatti, era l'ambiente ideale per questi piccoli mostriciattoli velenosi. Crin pensa che da quest'oscuro ambiente, dall'atmosfera spettrale, sia meglio uscire al più presto. Non c'è più il tempo di fare colazione e neppure l'ultima pipì storta. La famiglia sale in auto per il ritorno.
Al risveglio Crin si convince che quel sogno, altro non è, che l'abituale passeggiata notturna della sua mente. Questa notte, lungo una stradina di campagna ha incontrato la "Signora in nero" inviata direttamente dal Diavolo, che lo avrebbe invitato a seguirla. Il demone per punirlo del ritardato aiuto a sua nonna, durante una qualsiasi notte, soffierebbe, sulla collina, con tutta la sua forza, il vento freddo di tramontana, tanto da storcere la casa, come se fosse una normale scatola di cartone per le scarpe, per farla crollare addosso a Crin. Senza svegliarlo accompagnarlo nel sonno infinito.
"Il corpo dorme...La mente lascia le ormedi Cristiano Benci è un romanzo di memorie, ricordi in un mondo agreste e onirico, dove ogni cosa è incantata e lo stupore, mano nella mano con la paura, invade la mente del protagonista Crin. "